IL semplice tentativo di conciliazione fino a che punto può interrompere la prescrizione? Basta rivolgersi alla commissione o è necessario fare la comunicazione alla controparte?
Tribunale di Trieste 22.6.2007 n.189
Giudice Multari Ric. RC ed altri contro U SCRL
Interruzione della prescrizione quinquennale – Richiesta di espletamento del tentativo di conciliazione ex articolo 410 CPC – condizioni.
Nessun valore interruttivo del termine di prescrizione può essere attribuito alla richiesta di convocazione della commissione in mancanza di prova che la richiesta stessa sia stata effettuata anche nei confronti del datore di lavoro e non risulti la ricezione da parte di quest’ultimo della convocazione o della richiesta di essa.
Nota
Alcune lavoratrici cinque anni dopo aver esperito il tentativo di conciliazione previsto dall’articolo 410 CPC, convenivano innanzi al Tribunale di Trieste una cooperativa per la quale avevano lavorato cinque anni orsono, reclamando una corretta applicazione del contratto collettivo. Il Tribunale ha rigettato il ricorso per intervenuta prescrizione del credito azionato.
Invero, le ricorrenti avevano allegato al ricorso la documentazione relativa allo svolgimento del tentativo di conciliazione che, a loro dire, avrebbe dovuto interrompere la prescrizione. Non era però fornita prova alcuna della ricezione della richiesta di convocazione da parte della cooperativa datrice di lavoro.
Il Tribunale di Trieste, citando recente giurisprudenza della Suprema Corte ( Cassazione Sezione Lavoro 18.10.2005 n. 20153) ha ritenuto che a fronte della natura recettizia degli atti di interruzione della prescrizione (articolo 2943 del codice civile) soltanto la comunicazione effettuata al datore di lavoro poteva esplicare questa efficacia.
La decisione appare conforme anche ad altra giurisprudenza di merito ( Corte d’Appello di Milano 28 aprile 2003 con nota di Andrea Stanchi in Guida al lavoro n. 35 del 5 settembre 2003 pagina 40).Anche in quella occasione, la Corte d’Appello di Milano ebbe ad occuparsi della idoneità della richiesta del tentativo di conciliazione obbligatorio previsto dall’articolo 410 del codice di procedura civile, a seguito delle modifiche introdotte sul testo originario della norma dall’articolo 36 del DLGS n.51/1998, ad interrompere la prescrizione.
L’articolo 410 del codice di procedura civile prevede che: “ chi intende proporre in giudizio una domanda relativa ai rapporti previstidall’articolo 409 del codice di procedura civile e non ritiene di avvalersi delle procedure di conciliazione previste dai contratti e accordi collettivi deve promuovere, anche tramite l’associazione sindacale alla quale aderisce o conferisca mandato, il tentativo di conciliazione presso la commissione di conciliazione individuata secondo i criteri di cui all’articolo 413 del codice di procedura civile.
Stabilisce sempre l’articolo 410 CPC che” la comunicazione della richiesta di espletamento del tentativo di conciliazione interrompe la prescrizione e sospende per la durata del tentativo di conciliazione e per i venti giorni successivi alla sua conclusione, il decorso di ogni termine di decadenza.”
La Corte d’Appello di Milano ritiene che il termine comunicazione con cui esordisce il secondo comma dell’articolo 410 CPC stia a significare in conformità con l’articolo 2943 C.CIV. la necessità che essa pervenga al naturale destinatario identificato nel datore di lavoro. La dottrina appare orientata sulla medesima linea ( vedasi Sandulli e Socci, il Processo del Lavoro, Milano, 2000, 162).
Circa la necessità che la comunicazione debba pervenire al datore di lavoro per ottenere effetti interruttivi della prescrizione vedasi Vallebona , Istituzioni di Diritto del Lavoro II, CEDAM, 2005, 734.
Di recente però la Suprema Corte ha espresso un indirizzo non del tutto in linea con quanto sin qui esposto.( Cassazione Sezione Lavoro 19.6.2006 n.14087 con nota di Mannacio in Massimario di Giurisprudenza del Lavoro n .11 – novembre 2006, 883).
La pronuncia ha riguardato un caso di decadenza per l’impugnazione di un licenziamento in base all’articolo 6 della legge 604/66 ( articolo 5 legge 108/90)..
La suprema Corte ha ritenuto però che anche in questi casi debba trovare applicazione la disciplina generale successiva di cui all’articolo 410 CPC , prendendo atto che in tale sistema è la comunicazione al datore di lavoro ad impedire la decadenza.
La motivazione della decisione prende atto dell’indirizzo sancito dalla sentenza della Cassazione 18.10.2005 n.20153 che ha ritenuto che la comunicazione che interrompe la prescrizione è solo quella fatta al datore di lavoro.
Quindi però, ritiene necessario un meditato riesame di questo orientamento alla luce dei principi in materia di atti processuali recettizzi affermati dalla Corte Costituzionale con sentenza n. 477 e recepiti nell’ordinamento positivo ( articolo 149 terzo comma nuovo testo del codice di procedura civile). In tal modo, la Suprema Corte ha ritenuto che qualora si tratti di impedire una decadenza o una preclusione, si verifichi la scissione degli effetti dell’atto, in tal modo: per la parte attiva si verificano al compimento delle attività richieste dalla legge e per la parte ricevente gli effetti si producono invece alla ricezione dell’atto.
Tribunale di Trieste 22.6.2007 n.189
Giudice Multari Ric. RC ed altri contro U SCRL
Interruzione della prescrizione quinquennale – Richiesta di espletamento del tentativo di conciliazione ex articolo 410 CPC – condizioni.
Nessun valore interruttivo del termine di prescrizione può essere attribuito alla richiesta di convocazione della commissione in mancanza di prova che la richiesta stessa sia stata effettuata anche nei confronti del datore di lavoro e non risulti la ricezione da parte di quest’ultimo della convocazione o della richiesta di essa.
Nota
Alcune lavoratrici cinque anni dopo aver esperito il tentativo di conciliazione previsto dall’articolo 410 CPC, convenivano innanzi al Tribunale di Trieste una cooperativa per la quale avevano lavorato cinque anni orsono, reclamando una corretta applicazione del contratto collettivo. Il Tribunale ha rigettato il ricorso per intervenuta prescrizione del credito azionato.
Invero, le ricorrenti avevano allegato al ricorso la documentazione relativa allo svolgimento del tentativo di conciliazione che, a loro dire, avrebbe dovuto interrompere la prescrizione. Non era però fornita prova alcuna della ricezione della richiesta di convocazione da parte della cooperativa datrice di lavoro.
Il Tribunale di Trieste, citando recente giurisprudenza della Suprema Corte ( Cassazione Sezione Lavoro 18.10.2005 n. 20153) ha ritenuto che a fronte della natura recettizia degli atti di interruzione della prescrizione (articolo 2943 del codice civile) soltanto la comunicazione effettuata al datore di lavoro poteva esplicare questa efficacia.
La decisione appare conforme anche ad altra giurisprudenza di merito ( Corte d’Appello di Milano 28 aprile 2003 con nota di Andrea Stanchi in Guida al lavoro n. 35 del 5 settembre 2003 pagina 40).Anche in quella occasione, la Corte d’Appello di Milano ebbe ad occuparsi della idoneità della richiesta del tentativo di conciliazione obbligatorio previsto dall’articolo 410 del codice di procedura civile, a seguito delle modifiche introdotte sul testo originario della norma dall’articolo 36 del DLGS n.51/1998, ad interrompere la prescrizione.
L’articolo 410 del codice di procedura civile prevede che: “ chi intende proporre in giudizio una domanda relativa ai rapporti previstidall’articolo 409 del codice di procedura civile e non ritiene di avvalersi delle procedure di conciliazione previste dai contratti e accordi collettivi deve promuovere, anche tramite l’associazione sindacale alla quale aderisce o conferisca mandato, il tentativo di conciliazione presso la commissione di conciliazione individuata secondo i criteri di cui all’articolo 413 del codice di procedura civile.
Stabilisce sempre l’articolo 410 CPC che” la comunicazione della richiesta di espletamento del tentativo di conciliazione interrompe la prescrizione e sospende per la durata del tentativo di conciliazione e per i venti giorni successivi alla sua conclusione, il decorso di ogni termine di decadenza.”
La Corte d’Appello di Milano ritiene che il termine comunicazione con cui esordisce il secondo comma dell’articolo 410 CPC stia a significare in conformità con l’articolo 2943 C.CIV. la necessità che essa pervenga al naturale destinatario identificato nel datore di lavoro. La dottrina appare orientata sulla medesima linea ( vedasi Sandulli e Socci, il Processo del Lavoro, Milano, 2000, 162).
Circa la necessità che la comunicazione debba pervenire al datore di lavoro per ottenere effetti interruttivi della prescrizione vedasi Vallebona , Istituzioni di Diritto del Lavoro II, CEDAM, 2005, 734.
Di recente però la Suprema Corte ha espresso un indirizzo non del tutto in linea con quanto sin qui esposto.( Cassazione Sezione Lavoro 19.6.2006 n.14087 con nota di Mannacio in Massimario di Giurisprudenza del Lavoro n .11 – novembre 2006, 883).
La pronuncia ha riguardato un caso di decadenza per l’impugnazione di un licenziamento in base all’articolo 6 della legge 604/66 ( articolo 5 legge 108/90)..
La suprema Corte ha ritenuto però che anche in questi casi debba trovare applicazione la disciplina generale successiva di cui all’articolo 410 CPC , prendendo atto che in tale sistema è la comunicazione al datore di lavoro ad impedire la decadenza.
La motivazione della decisione prende atto dell’indirizzo sancito dalla sentenza della Cassazione 18.10.2005 n.20153 che ha ritenuto che la comunicazione che interrompe la prescrizione è solo quella fatta al datore di lavoro.
Quindi però, ritiene necessario un meditato riesame di questo orientamento alla luce dei principi in materia di atti processuali recettizzi affermati dalla Corte Costituzionale con sentenza n. 477 e recepiti nell’ordinamento positivo ( articolo 149 terzo comma nuovo testo del codice di procedura civile). In tal modo, la Suprema Corte ha ritenuto che qualora si tratti di impedire una decadenza o una preclusione, si verifichi la scissione degli effetti dell’atto, in tal modo: per la parte attiva si verificano al compimento delle attività richieste dalla legge e per la parte ricevente gli effetti si producono invece alla ricezione dell’atto.




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